In passato, in Salento, con l’arrivo dell’estate, le donne iniziavano un estenuante lavoro nei campi: la raccolta del grano e del tabacco. L’afa toglieva il respiro, il sole “bruciava i sassi” e le contadine continuavano a lavorare fino al tramonto. Poteva capitare che alcune venissero morse dalla Taranta cioè dalla Tarantola, un ragno velenoso. Esse cadevano in preda a convulsioni, urlando frasi senza senso. Non c’erano rimedi, bisognava attendere che passasse il “bruciore” o se il morso continuava a far danno, ricorrere alla “Pizzica” ovvero alla musica che avrebbe cacciato il malessere. Si, il suono della pizzica aveva un segreto: riusciva per chissà quali vie misteriose ad agire sul corpo e sull’anima “dell’indemoniata” e portava via tristezza e problemi. Il gesuita Athanasio Kircher, inviato dal re di Napoli per cristianizzare le cosiddette “Indie di quaggiù”, venne a conoscenza del “Tarantismo” nel Salento e comprese il valore terapeutico della musica all’interno del rituale. Egli stesso trascrisse, nel 1673, l’”Antidotum Tarantulae” (l’antidoto contro il veleno della lycosa tarentula), lo inserì nel “Phonurgia” e lo catalogò come Iatromusica (musica curativa).
Gabriele Aloisio, 5B,
Secondo Istituto Comprensivo Statale di Ceglie Messapica (BR)
Scuola Primaria ‘Giovanni XXIII’