Taiko vuol dire tamburo giapponese, una parola composta dagli ideogrammi “grosso” (tai) e “tamburo” (ko). Il taiko non è soltanto uno strumento musicale, ma il simbolo della storia e della tradizione giapponese e gli spettacoli kumi-daiko, nati nel 1951, sono oggi diffusi non solo in questo paese ma anche in molti altri paesi del mondo. L’origine di questo strumento è avvolta nel mistero e si trova nel mezzo tra storia e mitologia poiché la nascita del taiko, secondo quanto afferma la tradizione giapponese, è legata ad alcune leggende popolari, mentre in base agli studi di storici e archeologi, questo strumento era già presente in Giappone nel VI secolo, e la sua introduzione nel paese fu una conseguenza dell’ influenza culturale di Corea e Cina. Una leggenda molto affascinante sulla nascita del taiko racconta che un giorno la dea del sole si infuriò a causa delle violenze di suo fratello e si nascose in una grotta così la terra fu avvolta dal buio. Le persone, volendo richiamare il Sole fuori dalla grotta, iniziarono a suonare e ballare; la dea, attratta dalla musica, decise di uscire dal suo rifugio e si mise a danzare su un barile di sakè. Questa leggenda conferma che il taiko ha il potere di dare gioia e quindi di dare luce al mondo. Qualunque sia la verità è certo che il taiko ha da sempre svolto un ruolo di primo grado accompagnandocon il suo suono ogni momento della vita delle persone e del paese, dalle guerre alle ceriminie religiose fino ai momenti di festa. Le esibizioni di taiko richiedono un grande impegno e studio poiché nulla è lasciato al caso, non si tratta solo di saper suonare un tamburo, ma esistono delle regole ben precise come la postura del corpo e i movimenti, e soprattutto, come dice il maestri Piero Notarnicola della scuola” Quelli del Taiko” di Putignano: “ si tratta di far esplodere la propria energia, suonare dipingendo il proprio sogno, il proprio desiderio intimo, mettendoci tutta la potenza e la forza di tutto il corpo e di tutta l’anima. Il ritmo creato risuona insieme al cuore dell’anima….”.Ecco perché lo spettatore rimane affascinato e colpito, non solo dall’intensità del suono, ma anche dall’energia e dal dinamismo dei suonatori.
Vincenzo Mirizzi, Marco Pesce classe V B scuola primaria – plesso Minzele